Prima dimostrazione di mielina riparata
da terapia nella SM
DIANE
RICHMOND
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 13 maggio
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Nella terapia della sclerosi multipla (SM) la
riparazione della mielina è considerata un obiettivo non realizzato. Vi è
ancora grande incertezza a proposito delle tecniche migliori per la valutazione
dell’efficacia terapeutica nella ricostituzione della guaina mielinica
oligodendrocitica distrutta dal processo patologico; e si attende l’individuazione
di fedeli biomarker con metodiche di neuroimmagine, che consentano di
misurare e migliorare la rigenerazione della mielina. I biomarker per il
monitoraggio mielinico finora proposti sono stati correlati con evidenze di
perdita della guaina neuronica nel contesto di un ambiente patologico complesso,
ma non è stato possibile dimostrare il loro miglioramento dinamico parallelo
alla riparazione mielinica, perché le terapie che inducono sicuramente riparazione
sono molto limitate.
Eduardo Caverzasi e
colleghi hanno condotto una specifica analisi mediante risonanza magnetica
nucleare (MRI, da magnetic resonance imaging) in un trial clinico
battezzato ReBUILD, per trovare un’evidenza basata su
immagini e biologicamente validata di una riparazione della guaina mielina nel
cervello umano affetto da SM, indotta da terapia medica.
Lo studio, in doppio cieco controllato con placebo
della riparazione mielinica, ha evidenziato che i valori della frazione acquosa
della mielina derivati dalla MRI, ossia la MWF (myelin
water fraction), aumentano nella sostanza bianca
di aspetto normale del corpo calloso con la somministrazione di un composto
come la clemastina che promuove la rimielinizzazione. Inoltre, Caverzasi
e colleghi hanno rilevato una significativa riparazione mielinica al di fuori
delle lesioni e hanno identificato il rilievo della MWF nella maggiore
formazione bianca interemisferica, cioè il corpo calloso, come standard di
riferimento per monitorare nel paziente l’andamento della ricostituzione della
guaina oligodendrocitica e valutare l’efficacia delle terapie.
(Caverzasi E. et al., MWF of the corpus callosum is a
robust measure of remyelination: Results from the ReBUILD
trial. Proceedings
of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2217635120, 2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology, UCSF Weill Institute for
Neurosciences, University of California, San Francisco CA (USA); Department of Brain
e Behavioral Sciences, University of Pavia, Pavia (Italia); Department of
Epidemiology & Biostatistics, University of California, San Francisco, CA (USA);
Multimodal Imaging Physics Group, Department of Mathematics and Technology,
Koblenz University of Applied Sciences, Koblenz (Germania); Institute for
Medical Engineering and Information Processing, University of Koblenz and
Landau, Koblenz (Germania); Department of Ophthalmology, University of
California, San Francisco, CA (USA).
Si propone qui di seguito un’introduzione clinica,
storica ed eziopatogenetica alla sclerosi multipla, prima di esporre in
sintesi il lavoro di Eduardo Caverzasi e colleghi.
“Clinicamente
la sclerosi multipla è distinta in 5 forme principali: la
remittente-recidivante, che è la più frequente, la forma secondariamente
progressiva, quella più rara che assume subito andamento progressivo, la forma
acuta[1] e, infine, la sclerosi cerebrale
diffusa[2]. Il sintomo iniziale in circa la
metà dei pazienti è costituito da debolezza o torpore in un arto o due:
all’esame neurologico spesso il paziente riferisce sintomi ad un solo arto ma
si rilevano deficit, quali un Babinski positivo,
anche nell’arto controlaterale. Sono avvertite parestesie e sensazioni di avere
il tronco o un arto stretto da una fascia, verosimilmente per interessamento
delle colonne posteriori del midollo spinale. L’esame dei riflessi tendinei
inizialmente evidenzia ritardo di risposta che tende a mutare in iperattività.
In generale, le manifestazioni sintomatologiche variano secondo un’ampia gamma
di intensità, potendo essere sfumate o configurare vere e proprie paraparesi
spastiche o atassiche. In vari casi l’emergenza clinica assume il profilo di
una delle seguenti sindromi: 1) neurite ottica; 2) mielite trasversa; 3)
atassia cerebellare; 4) sindromi del tronco encefalico (vertigine, disartria,
diplopia, dolore o torpore faciale).
I
dati su soggetti, etnie ed aree geografiche più colpite hanno costituito
inizialmente un’indicazione orientativa per la ricerca sulle cause. La
prevalenza maggiore è fra i Caucasici in aree con temperature medie annuali basse,
ma la malattia, sia pure con una minima incidenza, è diagnosticata anche nei
paesi tropicali. Fra i due sessi è maggiormente colpita la donna con un
rapporto di 2:1 o 3:1[3]; le ragioni di questa differenza
sono ancora sconosciute, ma il dato accomuna la sclerosi multipla a molte
malattie autoimmuni[4].
Oggi,
con stime epidemiologiche che superano i 2 milioni di persone affette in tutto
il mondo e una prevalenza di 1:1000[5], non meraviglia che sia considerata
la malattia neurologica più comune fra i giovani adulti[6]. In proposito, non possiamo dimenticare
l’osservazione di Gilbert e Sadler che, dopo aver descritto cinque casi di
studio autoptico nei quali sono state inaspettatamente scoperte le tipiche
lesioni della sclerosi multipla in persone ritenute asintomatiche per tutta la
vita, concludono che la reale incidenza potrebbe essere anche di tre volte
maggiore di quella attualmente riconosciuta[7].
Eppure,
fino agli anni Ottanta, ossia fino a quando sono stati introdotti criteri
diagnostici e metodi basati sulla risonanza magnetica nucleare, in molti
istituti neurologici la sclerosi multipla è stata considerata alla stregua di
una malattia rara. È ragionevole supporre che una causa del basso numero di casi
rilevati in quel periodo sia da ascriversi a falsi negativi e a numerosi casi
mai giunti all’osservazione specialistica; tuttavia, non sono stati pochi i
neurologi che hanno sospettato, probabilmente in relazione ad ipotesi
eziologiche con un ruolo preponderante attribuito a fattori ambientali, che la
malattia fosse rara in passato e si fosse verificato un effettivo e notevole
incremento di persone colpite in epoca recente.
Ma,
attingendo per informazioni a documenti di valore ormai storico, abbiamo
conferma di una frequenza tutt’altro che bassa già nel passato, se con i
limitatissimi mezzi diagnostici dell’Ottocento i neurologi edotti della sua
esistenza hanno potuto lasciarci traccia di una discreta casistica[8].
All’inizio
del diciannovesimo secolo la malattia, poi denominata dai neurologi britannici disseminated sclerosis e
da quelli francesi sclérose en plaques,
era già conosciuta, come si desume dalle accurate descrizioni pubblicate nel
tempo da Carswell, da Cruveilhier
e poi da Frerichs. È interessante notare che, solo
dopo quel periodo, si ebbe l’interessamento da parte di Jean-Martin Charcot, in
molte trattazioni indicato quale primo studioso di questa malattia. La ragione
di tale attribuzione è tuttavia facile da comprendere, se si considera che il
celebre chef de clinique
della Salpêtrière che attrasse a Parigi il giovane
Freud per i suoi studi sull’isteria, analizzò accuratamente ben 34 casi,
definendo nel 1868 aspetti anatomopatologici e clinici mai rilevati in
precedenza, e successivamente richiamò l’attenzione della comunità medica
internazionale istituendo una fondazione per lo studio della malattia[9]. Un’altra ragione dell’oblio
toccato agli studi dei neurologi che avevano preceduto Charcot è nella
formulazione di ipotesi eziologiche erronee, talvolta elaborate secondo
concezioni che ci appaiono anacronistiche. Ad esempio, Cruveilhier,
nel suo saggio pubblicato intorno al 1835, ipotizzava all’origine della
sclerosi multipla una soppressione della sudorazione.
Da
quell’epoca lontana, si sono compiuti enormi progressi nella conoscenza dei
processi patogenetici che portano dalle lesioni focali demielinizzanti alla
sezione degli assoni e alla perdita dei neuroni con i deficit neurologici delle
fasi avanzate e delle forme progressive, ma quanto alle cause della sclerosi
multipla sappiamo poco più di allora e, soprattutto, troppo poco in rapporto
alla responsabilità che ricercatori e medici sentono di fronte ad una
sofferenza che in un numero crescente di persone chiede di essere alleviata se
non eliminata.
Numerosi
dati suggeriscono l’influenza di fattori ambientali sulla possibilità di
sviluppare la malattia[10]. Studi sui flussi migratori
indicano che il rischio di ammalarsi di sclerosi multipla è maggiore in coloro
che abbiano vissuto in aree ad alta prevalenza della patologia prima della
pubertà. Altre osservazioni riportano dei picchi di incidenza in riferimento ad
un determinato luogo o ad un periodo particolare, suggerendo l’importanza di
una variabile temporale. Simili profili di distribuzione possono far pensare ad
infezioni, a fattori nutrizionali o a tossicità chimica.
L’ipotesi
seguita dalle più numerose e intense indagini sperimentali è stata quella
virale, con studi condotti sui virus di Epstein-Barr, Herpes simplex 1 e 2,
HHV6, Varicella zoster e altri agenti eziologici degli esantemi dell’infanzia.
Gran parte dell’interesse per l’ipotesi virale è derivato dal rischio di
encefalomielite acuta disseminata che segue infezioni virali e dalla prevalenza
di sieropositività a virus come quello di Epstein-Barr nelle persone affette da
sclerosi multipla.
Anche
alcuni risultati di studi volti ad accertare il ruolo di fattori ambientali
hanno contribuito a confermare l’importanza della ricerca sull’eziologia
genetica, nonostante siano sempre mancate evidenze per una ereditarietà
mendeliana[11]. La diversa prevalenza fra gruppi
etnici e la già ricordata differenza nella concordanza fra gemelli monozigoti e
gemelli dizigoti hanno costituito fattori determinanti. Più recentemente
l’analisi estesa all’intero genoma del polimorfismo di singoli nucleotidi ha identificato
numerosi loci genici associati ad accresciuto rischio di malattia nella
popolazione generale[12]. Molti polimorfismi mappano geni o
loci genici associati con la regolazione immunitaria. Una forte associazione rilevata
qualche anno fa è quella con l’HLA-DRB1 sul cromosoma 6p21, che sembra dar
conto del 16-60% di suscettibilità genetica allo sviluppo della malattia. Il
prosieguo della ricerca sta identificando un numero sempre crescente di loci
genici verosimilmente legati alla possibilità di sviluppare un disturbo
neurologico clinicamente rilevante, pertanto l’opinione più seguita fra i
genetisti è che, se si dimostrerà che la sclerosi multipla è in senso stretto
una malattia genetica, sarà definita come un disturbo complesso nel quale molti
geni polimorfici interagenti hanno una bassa penetranza ed esercitano un
piccolo effetto sul rischio patologico complessivo[13]”[14]
Torniamo
ora allo studio qui recensito.
I valori
della MWF, frazione acquosa della mielina rilevata dalla MRI, aumentano nella
sostanza bianca del corpo calloso che appare normale, se si somministra ai
volontari l’antistaminico clemastina, che ha indotto
sperimentalmente rigenerazione della mielina apparentemente attraverso un effetto
sui recettori muscarinici, che sembrano attivare gli oligodendrociti. Caverzasi e colleghi hanno analizzato l’imaging della
frazione acquosa mielinica alla MRI mediante un trial di ricostituzione
della mielina nella sclerosi multipla (SM) denominato ReBUILD
e costituito da un classico disegno doppio-cieco controllato da placebo (trattamento
ritardato). L’analisi dei dati ottenuti dalle immagini di ReBUILD
ha evidenziato una riduzione significativa nella latenza VEP nei pazienti
affetti da SM. I ricercatori hanno focalizzato l’attenzione sulle regioni dell’encefalo
più ricche e dense di mielina.
Del
campione, 50 pazienti affetti nei due bracci sono stati sottoposti a 3T MRI al
livello di base (cioè, primo test), a tre mesi di distanza e poi a 5 mesi di
distanza. Metà della coorte è stata assegnata random al gruppo che ha
ricevuto il trattamento dall’iniziale livello di base al terzo mese, mentre l’altra
metà ha ricevuto il trattamento dal terzo al quinto mese post-baseline.
I ricercatori hanno sviluppato il calcolo delle variazioni della frazione
acquosa della mielina che si verificano nella sostanza bianca di aspetto
normale del corpo calloso, della radiazione ottica e del tratto
corticospinale.
Un aumento
significativo della frazione acquosa della mielina è stato documentato nella
sostanza bianca di aspetto normale del corpo calloso, in corrispondenza della
somministrazione del trattamento mielinizzante con clemastina.
L’insieme
dei dati ottenuti in questo studio fornisce la prima evidenza diretta,
biologicamente validata e basata sull’oggettività morfologica delle immagini,
di una riparazione della mielina indotta da un farmaco, ossia da uno specifico
intervento medico di cura. Inoltre, dai risultati si evince il verificarsi di
effetti riparativi sulla mielina al di fuori delle lesioni identificate della
SM. Su questa base, Caverzasi e colleghi propongono l’assunzione
della frazione acquosa (MWF) della mielina normale del corpo calloso quale biomarker
per gli studi clinici sulla rigenerazione della guaina oligodendrocitica.
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane
Richmond
BM&L-13 maggio 2023
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di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience,
è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data
16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica
e culturale non-profit.
[1] Malattia di Marburg
e sclerosi multipla tumefattiva.
[2] Malattia di Schilder
e sclerosi concentrica di Balo.
[3] Per la ratio 2:1, v. Bradl M. & Lassmann H., Multiple
Sclerosis, in Neuroglia (Kettenmann & Ransom, eds), p. 785, Oxford University
Press, New York (USA), 2013; per la ratio
3:1, v. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth
Edition, p. 917, McGraw Hill, 2014.
[4] D’altra parte la
demielinizzazione si associa a malattie autoimmuni, quali SLE, malattia di Sjogren e sindromi correlate.
[5] La prevalenza media di 1:1000
abitanti in Nord America ed Europa Centro-Settentrionale comprende stime come
quelle di Mayr nel Minnesota di 177 casi per 100.000 (Olmstead
County) e di 30/80 per 100.000 in Nord USA e Europa. Invece, nel meridione di
USA ed Europa, la prevalenza è da 6 a 14 per 100.000. Nelle aree tropicali è
rara con una prevalenza sempre inferiore all’unità per 100.000 abitanti (Cfr. Adams
& Victor’s, p. 917, McGrawHill, 2014).
[6] Spesso diagnosticata fra i 20 e
i 40 anni: si vedano le righe introduttive in Note e Notizie 06-02-16 Nella sclerosi multipla un sorprendente comportamento
delle cellule NK; Cfr. Bradl M. & Lassmann H., Multiple
Sclerosis, in Neuroglia
(Kettenmann & Ransom, eds),
p. 785, Oxford University Press, New York (USA), 2013.
[7] Cfr. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth Edition,
p. 917, McGraw Hill, 2014.
[8]
Compston A., Lassmann H.,
McDonald I., The history of multiple sclerosis, pp. 69-112 in McAlpine’s Multiple Sclerosis 4th
ed. Churchill
Livingstone, New York 2006.
[9] Questa iniziativa, a un secolo
di distanza, ispirò Rita Levi-Montalcini per la costituzione dell’AISM.
[10]
Compston A. & Cole A. Multiple Sclerosis. Lancet 372, 1502-1517, 2008. Cfr. Staugaitis S. M.
& Trapp B. D., Diseases Involving Myelin, pp. 691-704 in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel,
Albers, Price), AP, Elsevier, 2012.
[11]
V. nota 10.
[12] Cfr. Australia and New Zealand Multiple Sclerosis Genetics
Consortium (ANZgene), 2009; De Jager et al. Nature 41, 776-782, 2009.
[13] Staugaitis
S. M. & Trapp B. D., op. cit., p. 696.
[14] Note e Notizie 11-06-16 Trovata
la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.